BASILICA DI SAN VENANZIO
La Basilica di San Venanzio, dedicata al patrono della città, fu ricostruita nel corso dell’Ottocento su disegno di Luigi Poletti ed inaugurata nel 1875, dopo che il terremoto del 1799 l’aveva completamente distrutta. Dell’antica costruzione tardo gotica resta però il grandioso portale trecentesco, uno dei più belli delle Marche, ricco di marmi, di colonnine abbinate su cui si affacciano tralci di vite, foglie di quercia e fiori. L’architrave è ornato con un fregio col Cristo e gli Apostoli e nella lunetta domina la Madonna col Bambino al centro e San Porfirio a sinistra (statue attribuite alla scuola di Giovanni Pisano), mentre la statua di San Venanzio è forse stata trafugata o andata distrutta.
L’ubicazione extra-moenia, probabilmente in una zona cimiteriale romana (vista la fitta presenza di tombe romane sotto la pavimentazione), fa pensare ad una prima costruzione in periodo romano, forse dopo il martirio di san Venanzio (251-253 d. C. circa). Il nucleo più consistente della chiesa risale, comunque, al periodo romanico, del quale si conservano tuttora molti resti, dalle fondazioni, alle scale a chiocciola del campanile, dai torrioncini posti ai lati del presbiterio alle volte in pietra site ai lati della chiesa. Durante il sacco di Manfredi del 1259 la cassettina in cui erano conservate le reliquie di San Venanzio venne trasferita a Bari e restituita nel 1269, dopo la disfatta dell’imperatore.
Grazie alla committenza di Giulio Cesare da Varano si ha un altro momento di rinnovamento in epoca rinascimentale soprattutto per ciò che riguarda la facciata, la riquadratura orizzontale del portale e il rosone.
Risale, invece, al 1558 la sistemazione del coro, durante la quale viene ritrovata la cassettina con le reliquie del Santo all’interno del mausoleo. All’epoca barocca risale la cupola emisferica poi ornata di dipinti.
L’interno, a croce latina, è quindi ricostruito in pieno stile neoclassico, diviso in tre navate da due ordini di colonne a base attica e capitello corinzio a sostenere un’architravatura rettilinea. La copertura è a volta a botte nella navata centrale, con una serie di cornici a stucco a formare delle riquadrature che scandiscono il ritmo man mano che si avanza verso il presbiterio, mentre le navate laterali sono coperte da soffitti cassettonati riquadrati, in un insieme di grande equilibrio e proporzione. L’illuminazione è data dall’apertura di sei grandi finestroni nella volta a botte centrale, tre per lato e da due finestre affrontate per ciascun braccio del transetto e nell’abside, mentre la cupola, fonte di illuminazione principale, è costruita in perfetta semicircolarità.
Nella cripta l’altare è costituito dal Sarcofago di San Porfirio, del II secolo d. C., sarcofago romano in marmo bianco realizzato per contenere le reliquie di San Porfirio, martire nel 253 d. C. Al di sopra di questo sarcofago, sostenuta da quattro grifoni accovacciati in marmo nero nei quattro angoli, è collocata l’arca di San Venanzio, attribuita ad artista toscano, costruita in calcare con colonne tortili, che custodisce l’urna con le reliquie del martire, in legno ricoperto da lamine d’argento, decorata con graffiti raffiguranti episodi della sua vita, databile tra X e XIII secolo. La cripta conserva anche un’edicola riccamente decorata con cornice a candelabre, forse opera di Rocco da Vicenza.
Testimonianza della fede dei camerinesi per il loro patrono è la grandiosa scultura in argento, opera di uno dei più bravi orafi del ‘700, il romano Tommaso Politi: San Venanzio vi è rappresentato come un Santo guerriero, soldato di Cristo, con ai suoi piedi la corazza, in una mano lo stendardo e nell’altra la città di Camerino, una vera e propria riproduzione della città settecentesca.
Durante la festa del Santo patrono, il 18 maggio, si svolge la Corsa alla spada e Palio, una rievocazione storica che ricorda i fasti dell’antico splendore sotto il ducato dei Da Varano. Proprio a questa famiglia è dedicata la vicina Chiesa dell’Annunziata, oggi sconsacrata. Il Tempio ducale, mausoleo della famiglia Varano, è stato progettato dall’architetto Rocco da Vicenza per conto di Giovanni Maria da Varano a gloria della famiglia.
(Testi a cura di Barbara Mastrocola)

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