A CAVALLO TRA ROCCHE E CASTELLI ​

PERCORSO: “A cavallo tra rocche e castelli”

CATEGORIA: A cavallo

DIFFICOLTA’: medio

LUNGHEZZA PERCORSO: 36,48 Km

QUOTA MIN/MAX: 397 – 903 m.s.l.m.

DISLIVELLO ALTITUDINE: 1750 m.s.l.m.

PENDENZA MEDIA: +8,6%; -10,9%

TEMPO DI PERCORRENZA: 8 ore

Il sistema fortificato dello stato di Camerino ancora oggi offre numerosi esempi di costruzioni edificate per scopi militari, diversi per genere e funzione. 

La nostra cavalcata prende le mosse dall’imponente Rocca dei Borgia, edificata in soli quattro mesi, dal primo maggio all’agosto 1503, da Ludovico Clodio, commissario di Alessandro VI Borgia, per tenere in soggezione la città e lo Stato di Camerino, occupato il 21 luglio 1502 da Cesare Borgia con un esercito di diecimila uomini per farne un ducato da assegnare al quinquenne Juan Borgia e riportarlo sotto il diretto controllo dello Stato della Chiesa. Per consolidare la conquista i Borgia tentarono di mettere in pratica i princìpi resi espliciti da Nicolò Machiavelli, trucidando il settantenne Giulio Cesare da Varano e i figli Venanzio, Annibale e Pirro, ma la strage degli eredi da Varano non fu completata: si salvò Giovanni Maria Varano che, all’improvvisa morte di papa Borgia nel dicembre 1503, riprese il possesso della città, completò la fortezza, la mise in comunicazione con il palazzo ducale e la armò con quarantadue bocche di fuoco, con soldati e cavalli. La fortificazione appariva imprendibile, tanto che papa Clemente VII la ritenne sicuro rifugio per il tesoro della Santa Casa di Loreto, minacciata dalle scorrerie dei turchi. Papa Clemente X Altieri, che era stato vescovo di Camerino, nel 1672 concesse al comune la proprietà del fossato, che venne colmato per eliminare i precipizi non più utili alla difesa, e ottenere dei comodi spazi pianeggianti (dove si fece il mercato del bestiame fino agli anni Cinquanta); purtroppo la fortezza ne risultò mezzo sepolta. Ma fu nel 1867 che venne perpetrato il danno più grave, quando per edificare un tratto delle mura castellane – e in particolare il muro per giocare al pallone al bracciale, nel luogo detto ancora oggi Gioco del Pallone –  vennero demoliti la chiesa di San Pietro in Muralto, il chiostro francescano del 1480 e la parte superiore del mastio privandolo anche della coronatura di merli. Ovviamente dispersi i due capolavori che erano esposti alla devozione nella chiesa di San Pietro in Muralto: entrambi celebravano la consegna delle chiavi a San Pietro cui la chiesa era intitolata: uno di Carlo Crivelli, oggi a Berlino nello Staatliche Museen e l’altro di Giovanni di Corraduccio, oggi a Macerata, al museo di Palazzo Buonaccorsi (è il primo dipinto che accoglie il visitatore, e tale è la memoria di questa chiesa dimenticata che un punto interrogativo segue l’indicazione della provenienza). La trasformazione in giardini risale al 1924. Sulla rampa che scende verso Muccia era un tempo la Porta della Rovere; dall’altra parte, invece, è ancora in piedi la Porta Malatesta.

ITINERARIO

Le Gagge

Si prosegue sotto la Rocca nel giardino terrazzato oggi detto Le Gagge, che prima della frana che nel Seicento ne modificò la conformazione era un grande spiazzo detto Il Mercatale, dove nel 1515 fu celebrata l’incoronazione del duca Giovanni Maria Varano.

Santa Lucia 

La chiesetta rurale della Madonna delle Grazie, sul cui portale è scritta la data del 1607, ha affrescata, nella nicchia sopra l’altare una madonna col bambino, Sant’Andrea e San Venanzio. La villa Fabi e qualche altra residenza padronale emergono dalle altre case ella zona; dalla chiesa parrocchiale proviene la bella statua lignea di Santa Lucia, oggi al deposito del museo diocesano vicino alla chiesa del “seminario nuovo”. 

Rocca Varano

A picco sulla valletta del Rio San Luca e sulla stretta valle del Chienti, su un’altura scoscesa, sorge Rocca Varano, iconica fortezza da cui inizia la fortuna della famiglia che per tre secoli resse la città di Camerino. Le rovine portano il segno di ogni epoca e anche del declassamento a casa colonica, fino agi inizi del Novecento, che ebbe il merito di salvare il rudere. Il taglio della roccia per il ponte levatoio è ancora visibile;  si entrava subito in una torre di difesa. La porta d’ingresso, a sesto acuto, era obliqua all’accesso dal ponte per le consolidate tecniche di difesa. La torre, quadrata, oggi caduta e della quale abbiamo il ricordo in alcune immagini dipinte e persino fotografiche, aveva vari piani ad impalcato e a volta. Una piccola corte dava accesso all’abitazione del signore. Di qui i signori Da Varano dominavano le linee di comunicazione che collegavano l’area camerte con le basse valli del Chienti, e controllavano mercanti e viaggiatori che trafficavano tra l’Adriatico e Roma. Di fronte a rocca Varano è l’abitato di Sentino, cresciuto intorno al suo castello oggi diruto, dal quale si gode una bella vista su Camerino. Poco a monte di Rocca Varano sono i ruderi della chiesa di  San Giuliano.

Bosco di Paganico

La cavalcata continua nel tipico bosco mediterraneo Paganico, che prende il nome dall’abitato che anticamente aveva 25 famiglie, un villaggio abbastanza consistente, come il contenuto latino del nome (pagus) immediatamente ricorda. Dalle poche case agricole si raggiunge la vasta villa dei vescovi camerti, passata poi a famiglie dell’aristocrazia cittadina e oggi della famiglia Zucconi. Poco distante, su un colle leggermente arrotondato, la chiesetta di Patullo, dedicata al Crocifisso, con annessa canonica, da cui sono stati staccati gli affreschi quattrocenteschi attribuiti a Girolamo di Giovanni oggi collocati nel museo civico.

Santuario di Piedilapiaggia (Madonna della Misericordia)

Piedilapiaggia è stato per mezzo millennio il santuario mariano degli abitanti delle frazioni a oriente della città. Il santuario e l’annesso ospedale furono fondati da Venanzio di Giovanni, eremita di Statte. La facciata accenna un maturo gotico fiorito con richiami moreschi. Nella pietra un’iscrizione riporta la data del 1464, anno in cui Giulio Cesare, alla morte di Rodolfo IV, riunì il potere nelle sue mani. L’ospizio dei pellegrini ancora mostra la fuga di archi del portico quattrocentesco. Al museo diocesano, provenienti da questa chiesa, si conservano la pietra sepolcrale di Margherita, madre del rettore Venanzio, morta nel 1468; alcuni affreschi staccati; gli stalli intarsiati nel 1471 da Luca da Firenze su commissione di Giulio Cesare Varano.    Scendendo verso Bistocco, a un chilometro e mezzo dal santuario, un sentiero conduce ai resti di un antico mulino e alle cascatelle che dovevano servirlo. La rocca di Campolarzo si presenta tuttora, benché dimezzata, come avamposto di Statte.

Statte

Sul versante meridionale del Monte Letegge nel tardo medioevo venne eretto il castello di Statte, feudo dei conti Bonifazi, i cui pochi resti sono stati oggetto di recenti fantasiosi lavori di ricostruzione. Documenti del 1198 e del 1201 nominano un Enrico e un Gentile di Statte; questo abitato nel secolo XVI contava 35 famiglie. Nel 1870 a Statte fu ucciso l’ultimo orso bruno della zona, e ancora oggi si dice che la forra di Statte sia rifugio di branchi di lupi. 

 Teggiòle

Letegge e Teggiòle condividono forse la radice del nome, dal termine gallico “tegia”: capanna; antico insediamento, nel Cinquecento Letegge e Teggiòle contavano più di 50 famiglie e alcune case rustiche, in pietra rosa locale, risalgono a quel tempo. Nell’Ottocento era ancora così popolosa da dotarsi, nel 1846, di un organo di Vincenzo Barone. Di fianco alla chiesa è un cippo che ricorda il passaggio dei tedeschi; la zona fu infatti teatro di un episodio della resistenza terminato tragicamente: nel 1944 il battaglione “Gian Mario Fazzini” che raccoglieva operai, studenti, professionisti, presidiava la zona con il sostegno della popolazione; il 24 giugno 1944, dopo una serie di colpi di cannone dal monte, dal camposanto, da Capolapiaggia, i tedeschi iniziarono l’assalto alle case e la razzia degli uomini: 15 restarono uccisi dal bombardamento, 44 vennero fucilati, a sera, a Capolapiaggia; 10 restarono feriti.  

Torre Beregna

Cinquant’anni fa non c’erano alberi nel pianoro di Torre Beregna, e soltanto i resti di due lati dell’antico manufatto facevano ombra a chi sceglieva quel luogo per godere dell’aria buona, profumata delle erbette di montagna, o per far volare gli aquiloni. Della torre, detta “Troncapassi” e crollata nella notte tra il 19 e il 20 febbraio 1979, resta oggi solo un cumulo di pietre, sempre più nascoste dalla vegetazione, ma quella fu un importante elemento di una singolare e imponente fortificazione. Era detta “L’Intagliata” perché per lo più costituita da alberi tagliati dalle foreste del posto, foreste e che vennero in parte disboscate per rendere visibile l’avvicinarsi del nemico; questa impresa fortificatoria fu intrapresa da Giovanni da Varano detto Spaccalferro e completata intorno al 1382, per un’estensione di circa 12 chilometri, dal piano di Beregna fino a Piòraco, passando per Rocca d’Ajello, Torre del Parco con l’avamposto di Castelraimondo, Castello di Lanciano, Porte di ferro, e proteggeva lo stato di Camerino dalle incursioni dei ghibellini di San Severino e di Matelica; nel 1259 le truppe di Manfredi che misero a ferro e fuoco Camerino erano passate di là. Torre Beregna e altre torri si alternavano a sbarramenti, fosse, terrapieni, con alberi grossi e piccoli: questa torre era fulcro del sistema difensivo di Camerino, torri d’avvistamento che efficacemente comunicavano fra loro, potendo corrispondere a vista con le porte orientali della città, con le torri di Crispiero (Guardia e Fanula), con Rocca d’Ajello, con Paganico e Sentino, e attraverso queste ultime con Rocca Varano. 

Nei paraggi, sulla strada di Colleluce ai fianchi del torrente Cesolone, furono ritrovate nel 1882 delle tracce di un insediamento umano attivo dal paleolitico al neolitico.

Sabbieta

Il terreno sabbioso ha dato il nome a questa frazione, con parrocchiale dedicata a San Salvatore di Sabbieta, mentre nel Cinquecento esisteva anche la chiesa parrocchiale di San Silvestro di Linano e le due frazioni (di sopra e Di Sotto) contavano 34 famiglie. Esposizione particolarmente favorevole e riparata, in alcune zone vi sopravvive l’agave. Sorprendono i colli di Piannarca, ondulati e coperti di bosco fitto, riparo di volpi, cinghiali e lepri. 

Viale Betti e le mura di ponente

Per completare l’anello e tornare al punto di partenza si costeggiano le mura di ponente della città, per il viale intitolato a Emilio Betti, il grande giurista fratello del drammaturgo Ugo; anche qui si apprezza la città murata sulla sommità del colle, che  costituisce una caratteristica peculiare di Camerino.

L’A.N.Gi.V – Associazione Nazionale Giacche Verdi nasce nell’anno 1992 dall’aggregazione di un gruppo di amici, che hanno in comune la passione per il cavallo.
Le
GIACCHE VERDI sono un’associazione ambientalista e di protezione civile, composta di volontari e senza scopo di lucro, adeguata alle direttive del Ministero dell’Ambiente.

I principali settori di intervento dell’Associazione sono:

– Monitoraggio del Territorio:

I volontari sono divisi in Raggruppamenti Locali che svolgono sul territorio le attività ed i servizi propri dell’Associazione. Ogni volta che una Giacca Verde esce a cavallo svolge un servizio di monitoraggio dell’ambiente riportando su un verbale d’uscita le eventuali anomalie riscontrate. I verbali vengono poi consegnati all’Autorità competente che si attiva per il provvedimento del caso.

– Attività nelle aree protette:

Gli associati impiegano qualche fine settimana e parte delle loro ferie estive per svolgere attività di sorveglianza nei Parchi, nelle Aree protette, nelle Comunità Montane ed in zone di interesse naturalistico, in contatto e coordinati dal Corpo Forestale dello Stato.

– Attività di protezione civile:

L’Associazione è pronta a svolgere compiti di Protezione Civile sia con i mezzi propri che dell’Associazione sia in situazioni  che richiedono l’uso del cavallo (ricerca dispersi, servizio antincendio) che in calamità naturali ed eventi speciali sia a carattere locale che nazionale.

– Attività sociali:

L’Associazione è coinvolta sia a carattere locale che nazionale in attività di educazione ambientale e promuove iniziative a sostegno dei settori disagiati della società.

Come operano:

Le Giacche Verdi operano in tutte le Regioni con Gruppi Operativi Provinciali suddivisi a loro volta in Sezioni coordinati da un Consiglio Direttivo Provinciale o Regionale.

Nel corso dell’anno vengono effettuati dei corsi base e qualificati per la preparazione dei Soci:

• Equitazione
• Mascalcia
• Pronto Soccorso
• Cartografia/Orienteering
• Educazione civile/ambientale
• Esercitazioni di protezione civile

Con decreto ministeriale n.DEC/RAS/159/2008 emesso in data 26 Marzo 2006 l’On. Sig. Ministro ha individuato L’Associazione denominata A.N.Gi.V. – ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIACCHE VERDI onlus- tra le Associazioni di protezione ambientale ai sensi dell’Art. 13 della Legge 349/1986 e successive modificazioni.

L’A.N.Gi.V. come tutti i Raggruppamenti regionali regolarmente costituiti, può autonomamente organizzare corsi di formazione per preparare Guardie Zoofile, Guardie Ittiche e Guardie Venatorie chiedendo poi direttamente al prefetto il rilascio del Decreto Prefettizio per la Guardie Zoofile o la Nomina della Provincia per le Guardie Ittice e Venatorie.

Email:
cristinapetrelligv@gmail.com

 

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